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Contributi

Progettare la conservazione
Vittorio Dal Piaz, Adriano Verdi

Il Comitato Mura

L’Associazione “Comitato Mura di Padova” nasce nel 1977 per iniziativa di un gruppo di studiosi e semplici appassionati, per portare la giusta attenzione sul più esteso e negletto monumento della città e opporsi a una serie di operazioni già in atto o in progetto che minacciavano seriamente la conservazione delle vestigia sopravvissute a precedenti e devastanti interventi urbanistici che avevano portato alla quasi totale scomparsa delle mura medievali e di notevoli parti emergenti di quelle rinascimentali e all’interramento e al tombinamento di gran parte dei canali interni alla città.

L’associazione si occupa in ogni forma opportuna dello studio, della diffusione della conoscenza, della salvaguardia e della valorizzazione delle cinte murarie. L’ambito delle attività si estende agli effetti della presenza delle mura sullo sviluppo urbanistico delle città e di questo su di esse e si allarga alla storia e alle problematiche della conservazione delle fortificazioni storiche in genere. Tali obiettivi sono stati e vengono tuttora perseguiti con le forme più varie d’intervento, dalle conferenze alle visite guidate, dalle pubblicazioni alle mostre tematiche, dai convegni agli interventi sulla stampa, dalla elaborazione di progetti di studio alle proposte di restauro, fino alla collaborazione diretta con gli enti competenti (Amministrazione pubblica, soprintendenze, musei, Università, etc.) e con altre associazioni interessate alle stesse tematiche.

L’acquisto delle aree e i primi progetti

Nel 1872 entra in vigore il primo progetto urbanistico della città, il Piano Regolatore Edilizio, che propone dei nuovi tracciati viari e la prima breccia nella cinta muraria, lungo la direttrice di via Beato Pellegrino, la futura barriera Trento. Nello stesso anno è deliberato e realizzato l’interramento del canale di Santa Sofia che comincia a compromettere l’integrità del sistema fortificato, dato che per l’operazione è impiegata “la terra che costituisce gli spalti della mura della città dal ponte dell’ospedale, rivolgendosi dietro S. Massimo fino a raggiungere Porta del Portello”. Ma è con l’atto di compravendita del 5 aprile 1882, con cui il Demanio Nazionale vende al Comune di Padova gli spalti e le mura che li sostengono e le fosse che circondano la città di Padova, nonché le Porte della Città stessa, gli annessivi fabbricati ad uso di uffici Daziari e le Casematte, che prendono l’avvio le principali operazioni che interrompono l’unità del circuito murario, pur mantenendone la funzione di confine amministrativo e daziario, mettendo così a disposizione dell’amministrazione comunale trentacinque ettari di aree pronte ad accogliere le più disparate funzioni. La barriera Vittorio Emanuele II a Santa Croce nel 1885 e, nel 1988, la nuova struttura daziaria alla Saracinesca, con la totale demolizione di porta Saracinesca, sono i primi interventi in ordine di tempo. Inizia così il “consumo” del sistema bastionato, frutto di una logica utilitaristica ove le mura, salvo le sue emergenze architettoniche, sono considerate più un ostacolo allo sviluppo urbano che un bene da salvaguardare.

Il periodo compreso tra l’inizio del nuovo secolo e lo scoppio della guerra vede l’atterramento fino a quota campagna di lunghi tratti delle cortine murarie e, con la totale eliminazione dei terrapieni, la costruzione di un parapetto in muratura per realizzazione del Pubblico Passeggio tra Codalunga e il Portello. Analogo intervento interessa il tratto lungo le vie Michele Sanmicheli e Bartolomeo d’Alviano, escludendo i bastioni di Santa Giustina e Pontecorvo.

Le nuove aree, quelle interne ricavate eliminando i terrapieni e quelle esterne delle fosse, vengono utilizzate sia per collocare servizi pubblici, di cui il più importante risulta il Macello in zona San Massimo inaugurato nel 1908, ma anche alcuni edifici scolastici, il panificio comunale, la rimessa del tram, il deposito immondizie, sia per essere cedute come lotti edificabili a enti, a cooperative o a privati. Si realizzano così molti casi di edilizia abitativa pubblica e privata, spesso di elevata qualità, tra i quali vanno segnalati il quartiere operaio progettato dall’ingegner Cesare Selvelli nel 1911 lungo via Citolo da Perugia e la serie di villini di via Michele Sanmicheli, realizzati nel 1923 dall’architetto Giuseppe Contarello per la Società cooperativa insegnanti, funzionari e pensionati della Pubblica Istruzione.

Vanno anche ricordate le due belle case rionali Bonservizi e Cappellozza dell’architetto Quirino De Giorgio inaugurate nel 1938, la prima posta nell’area della fossa nei pressi del bastione Santa Croce e la seconda in via Cristoforo Moro, alle spalle del bastione San Giovanni. Tra i servizi urbani si ricorda la cisterna dell’acqua sul torrione della Gatta dedicata alle vittime del bombardamento dell’11 novembre 1916.

Nei primi decenni del secolo sono costruiti i ricreatori e le scuole all’aperto, insediate sui torrioni Impossibile e Venier e sul baluardo Santa Croce, e le prime strutture ospedaliere sul baluardo Cornaro.

Con effetti dirompenti sul tessuto urbano vanno invece segnalati nel 1908 la realizzazione del Corso del Popolo, nel 1922 il piano dei Quartieri centrali e Vanzo e, nel 1939, l’inizio del Corso Milano, ultimato nel dopoguerra.


fig.1 - La tavola delle destinazioni d'uso del "Parco delle mura e delle acque"
fig.2 - Luigi Piccinato, Piano Regolatore di Padova. Adottato il 10 maggio 1954, "Urbanistica" 21 gennaio 1957.

Il Parco delle Mura

Per la svolta dalla distruzione alla salvaguardia bisogna attendere gli ultimi decenni del secolo scorso. Dopo l’abbandono del “Programma per la conoscenza il restauro e la valorizzazione del sistema fortificato cinquecentesco” coordinato nel 1986 dal prof. Romeo Ballardini e culminato solo nell’intervento parziale al baluardo Santa Croce, l’Amministrazione comunale ha iniziato negli anni Ottanta una serie di opere puntuali di restauro delle cinque porte e di alcuni bastioni e ha infine elaborato anche un altro progetto complessivo denominato “Parco delle Mura”, riprendendo l’indicazione di anello verde del P.R.G. di Luigi Piccinato adottato nel 1954. Una prima realizzazione è avvenuta tra il 2003 e il 2005 col roseto piantato lungo il terrapieno interno fino al torrione di Santa Giustina. Recentemente il tema è stato ripreso, ma solo a livello progettuale, nel tratto di circonvallazione Fra’ Paolo Sarpi liberato dal traffico.

Essendone due tra gli autori, ci piace ricordare in questo contesto anche lo studio d’insieme denominato “Sistema bastionato di Padova – Analisi e proposte” elaborato per il Consiglio di quartiere Centro nel 1986 nel quale, tra i criteri per la conservazione delle aree esterne, già di fossa, era previsto di valorizzare, previa indagine di conferma, l’originario rapporto mura-acqua con la rimozione dei depositi alluvionali e del terreno di riporto e il ristabilimento degli originari livelli della fossa e degli antichi andamenti delle scarpate, programmando anche la liberazione dell’area dalle alberature, con l’esclusione dei soli esemplari d’alto valore naturalistico o storico. Quindi, tra i criteri per la ricomposizione delle aree a verde si prevedeva di sistemare con verde calpestabile a prato le aree prossime alla cortina, ogni qualvolta fosse possibile; di evitare qualsiasi nuova piantagione arborea all’esterno della cortina; di eliminare pali, recinzioni e altre strutture attestate alla cortina; di riservare la piantagione di alberi e arbusti alle aree a parco o a giardino prossime alle fosse e ai terrapieni, che avrebbero acquistato così maggior risalto, secondo specifici progetti caso per caso.


fig.3 - Una tavola con indicazioni progettuali del Sistema Bastionato del 1986.

 

 

Il ruolo strategico del Parco delle Mura nel contesto urbano
Lorenzo Ranzato

Il declino del sistema fortificato cinquecentesco inizia dopo la caduta della Repubblica Veneta (1797), quando le mura perdono la loro funzione militare. Nel corso dell’Ottocento e della prima metà del Novecento, le mura sono investite da pesanti manomissioni e demolizioni: si aprono brecce per favorire la viabilità, vengono interrati canali e si avvia un processo di edificazione sia pubblica che privata sui bastioni, nel vallo e lungo le stesse mura. Bisogna attendere i decreti del Ministero della Pubblica Istruzione (1923, 1928, 1953), perché si manifestino i primi tentativi di tutela delle mura che vengono ripresi in modo più organico con il PRG del 1954 elaborato da Luigi Piccinato. Ma il progetto di conservazione e di riqualificazione della cinta muraria ben presto soccombe di fronte alle determinanti pressioni degli operatori economici e alla miopia politico-culturale della classe dirigente dell’epoca: l’esempio più eclatante è costituito dalla costruzione del Policlinico sopra le mura e dal tombinamento del Canale dei Gesuiti-San Massimo, dietro l’Ospedale Giustinianeo.

Purtroppo, ad opera di continue Varianti al piano di Piccinato, l’originario disegno stellare che creava dei cunei verdi tra la città e la campagna viene completamente stravolto e l’area padovana viene investita, a più riprese, da una crescita edilizia a macchia d’olio, disorganica e poco coordinata. L’acquisizione di una maggiore consapevolezza delle distorsioni provocate da un modello di sviluppo “ad elevato consumo di risorse non rinnovabili” si fa strada nel corso degli anni Novanta, con la Variante generale del PRG del 1998 che concentra la sua attenzione soprattutto nella salvaguardia e continuità del verde, subito smentita dalla Variante al PRG del 2001 che di fatto cancella i propositi di una progettazione sostenibile della città.

L’ultimo decennio vede finalmente maturare, dopo accesi dibattiti e interventi di recupero promossi dall’Amministrazione comunale, il progetto del Parco delle Mura che viene recepito dal Piano di Assetto del Territorio (2009). Nel nuovo piano, il Parco delle mura viene individuato come elemento di cerniera fra il centro storico e la periferia padovana e considerato come simbolo dell’unione tra le diverse parti della città, nell’ambito di un più generale progetto del verde periurbano, che oggi potrebbe concretizzarsi con la realizzazione del Parco agro-paesaggistico metropolitano.1 In realtà, è stato Roberto Gambino che nei suoi studi degli anni Novanta 2 ha avuto il merito di individuare a livello intercomunale la struttura portante di interconnessione fra l’anello verde delle mura, il sistema delle acque e dei parchi urbani:


fig. 1 - Schema del sistema ambientale
metropolitano proposto da Roberto Gambino

fig.2 - Il sistema fortificato cinquecentesco

nella Pianta del Valle (1784)

nella fig.1 possiamo riconoscere questa matrice territoriale forte, rappresentata dalle fasce fluviali del Brenta a nord e del Bacchiglione a sud, che si connettono mediante due bretelle, una lungo il canale Brentella e la seconda che, partendo dal canale Battaglia, si allaccia al percorso del Brenta. In quest’ottica, il Parco delle Mura – soprattutto se inteso come il cuore di un più vasto sistema ambientale metropolitano – può assumere un importante ruolo strategico per due ordini di ragioni: innanzitutto perché diventa una risorsa aggiuntiva per il turismo culturale e il tempo libero (valorizzazione delle mura, utilizzo di giardini e parchi, riqualificazione del paesaggio urbano, percorsi di fruizione ciclopedonale), in secondo luogo perché può tornare a svolgere quella determinante funzione di rafforzamento dell’immagine stessa della città e di riscoperta della sua memoria storica. È però indispensabile una strategia di ampio respiro che sappia realizzare un efficace coordinamento fra programmi, progetti, norme e politiche di promozione, affrontati sino ad oggi in modo
frammentario.

In primo luogo, il sistema va letto non più in chiave funzionalista, ma secondo parametri che si fondano sui concetti di permanenza e trasformabilità, intesi come strumenti interpretativi e progettuali della struttura urbana e della sua immagine. Particolare importanza assumono le permanenze, cioè quegli elementi identitari che, proprio grazie a specifici caratteri storico-culturali, ambientali e sociali, “sopravvivono, seppure in forme meno visibili o latenti, ai cambiamenti di breve periodo”.3 Ma la ricerca d’identità, come ci ricorda ancora Gambino, “non può prescindere dai processi d’identificazione, di appropriazione e di autorappresentazione che interessano le comunità che abitano o usano quei luoghi”.

In altri termini, significa mettere in campo nuove forme di progettualità in grado di riconoscere l’identità dei luoghi e di reinterpretare, senza cancellare la storia, il complesso dei caratteri costitutivi del sistema e delle sue relazioni con le componenti insediative e infrastrutturali esterne all’anello delle mura, che dovranno contribuire, con accorti progetti di rigenerazione urbana, a dar nuova forma alla Padova del futuro.

In secondo luogo, appare opportuno che questo complesso percorso progettuale sia inserito all’interno di una visione di lungo periodo, in grado di delineare diversi scenari di ricostituzione dell’immagine del sistema fortificato cinquecentesco e individuare le possibili connessioni tra il centro storico e le aree di trasformazione presenti in più parti della periferia urbana.

Una particolare attenzione deve essere rivolta alle due componenti progettuali che interessano il Parco delle Mura: conservazione e riqualificazione/ trasformazione. La questione cruciale che si dovrà affrontare riguarda il ventaglio di possibili opzioni (alternative e a volte conflittuali) che verranno proposte in relazione alla potenzialità edificatoria da concedere. Dalla principale (e per noi auspicabile) opzione di grado zero (mediante interventi di recupero e/o demolizione dei manufatti esistenti e con limitate operazioni di ricucitura), che ha lo scopo di conservare le mura e di ricostruire l’anello verde mediante il recupero degli spazi aperti liberi o liberabili in futuro. Ad altre, come questa qui prefigurata, dove l’approccio progettuale a mio avviso appare troppo concentrato sulla costruzione di servizi che insistono esclusivamente sull’anello delle mura.

Mi sembra più opportuno che la trasformabilità delle aree (in particolare quelle militari ed ospedaliere) e le conseguenti forme di compensazione e perequazione, debbano essere valutate all’interno di un quadro complessivo di riqualificazione di vaste aree della periferia urbana che devono trovare relazioni ed elementi di connessione con le mura e il centro storico. In altri termini, riteniamo che vadano ideati progetti in grado di rafforzare l’imago urbis, soprattutto con il recupero degli antichi segni, costituiti dalla cortina muraria, dal fossato e dal vallo,4 piuttosto che puntare su interventi edilizi che avrebbero soltanto la funzione di “risarcire” rendite di posizione e che possono trovare eventualmente una più idonea collocazione all’interno delle aree di trasformazione periferiche.

A questo proposito, ritengo utile concludere con un passo de “Le città invisibili” di Italo Calvino, che ci consente di cogliere nel dialogo fra Kublai Kan e Marco Polo, la difficile condizione del progettare nella città contemporanea, sia a scala urbanistica che architettonica. “Eppure io ho costruito nella mia mente un modello di città da cui dedurre tutte le città possibili – disse Kublai. Esso racchiude tutto quello che risponde alla norma. Siccome le città che esistono s’allontanano in vario grado dalla norma, mi basta prevedere le eccezioni alla norma e calcolarne le combinazioni più probabili”. Ma al modello di Kublai, Marco Polo contrappone un modello opposto: “anch’io ho pensato un modello di città da cui deduco tutte le altre… È una città fatta solo d’eccezioni, preclusioni, contraddizioni, incongruenze, controsensi”.

Con queste parole Marco Polo sembra quasi volerci avvertire che la sfida del piano e del progetto sia come una sorta di fatica di Sisifo, con la quale ogni giorno la polis contemporanea e i suoi cittadini, con i loro diversi orientamenti culturali e le differenti visioni del mondo, dovranno inevitabilmente misurarsi, senza più l’aiuto degli dei.5

 

Note

1 Cfr. i documenti a cura di S. Lironi in www.legambientepadova.it.
2 Si veda al proposito il dossier elaborato per il Comune di Padova Recupero e valorizzazione della rete fluviale e del verde pubblico interconnesso, 1994 e la relazione: R. Gambino, “Le acque come struttura portante del verde”, in AA. VV., Padova, il Verde Urbano, Piccin, 1996.
3 R. Gambino, “Conservare innovare. Paesaggio ambiente e territorio”, Utet, 1997.
4 Come evidenziano nel loro intervento Dal Piaz e Verdi.
5 Come ricorda Albert Camus, Sisifo è un eroe tragico che ha piena coscienza della sua condizione esistenziale e dell’impresa che deve sostenere oltre i limiti dell’umano: ma “anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo.” Per questo motivo “bisogna immaginare Sisifo felice” (Albert Camus. Il mito di Sisifo, Torino, 2001)

 

 

 

Il trasferimento della città ospedaliera dall’area delle mura e la riurbanizzazione di Padova ovest
Umberto Trame

È forse solo sulla base di una remora di carattere culturale, di una coincidenza tra immagine della città e conoscenza della sua storia e formazione, di una necessità di un comprendere sincronico dei fatti urbani, che ci ostiniamo a pensare alla città di Padova come ad un fatto unitario ed unificante i luoghi, le funzioni e financo la società che vi opera. Ma Padova da molto tempo non è più così. È al contrario un complesso di luoghi e di situazioni urbane cresciute e sempre più articolate con il crescere e lo svilupparsi delle funzioni metropolitane della città. E questa articolazione di luoghi, di spazi e di funzioni non è derivata dall’inseguire la città una condizione per così dire ideale del proprio insediamento, continuamente in bilico tra due destini urbani contrapposti: la città concentrica e la città stellare che voleva Piccinato; ma al contrario dal crescere delle attività e dallo svilupparsi di alcune specializzazioni (dell’industria, del direzionale e dei servizi, della ricerca e della sanità, dell’università, del commercio,….) che hanno in parte indirizzato le scelte stesse di piano e che pongono oggi la città come luogo di riferimento in ambito metropolitano, regionale e interregionale. È questa città moderna e multifunzionale ad essere necessariamente policentrica. Un carattere costruito nel tempo, ma definitivamente acquisito alla città a partire dal secondo dopoguerra con gli interventi a prevalenza direzionale intorno a via Mazzini, tra via Tommaseo e via Trieste, ed in seguito alla Stanga ed intorno viale Venezia; ma anche con la costruzione della zona industriale sud e con lo svilupparsi di molte realtà urbane – Ponte di Brenta, Arcella, Brusegana, la Guizza e la grande zona insediativa compresa tra le mura sud della città antica e i canali Scaricatore e Terranegra – che oggi si configurano come vere e proprie parti di città, luoghi urbani individui all’interno del sistema insediativo comunale. E questo carattere non potrà che crescere e consolidarsi nel tempo dando luogo definitivamente ad un sistema urbano complesso e multipolare. Occorre riconoscere quanto prima questa realtà e questa prospettiva, oggi rafforzata da un importante sistema della mobilità urbana che ha reso, e sempre più renderà accessibile ed intercomunicante l’intero sistema urbano, al fine di misurare su tale prospettiva il senso e la natura delle nuove politiche insediative.


fig. 1a - U. Trame - PAT del Comune di Padova. Fatti urbani e azioni strategiche. Elementi del progetto urbano.
fig. 1b - U. Trame - PAT del Comune di Padova. I prncipali contesti territoriali destinati alla realizzazione di progetti complessi.

Perciò con riferimento alle azioni previste dal nuovo PAT del comune di Padova e nell’intento di indicare una strategia delle azioni urbanistiche più importanti e urgenti da attivare, abbiamo individuato gli ambiti e i contesti territoriali più significativi nei quali concentrare l’azione pianificatoria.

Queste aree, disposte a corona attorno alla città antica, rappresentano altrettante polarità attorno a cui la città crescerà e si svilupperà contribuendo, con l’insieme dei molti luoghi urbani nei quali la città è organizzata, alla costruzione di quel sistema policentrico a cui ci siamo riferiti. I sei ambiti individuati contengono, nella loro diversità, importanti temi della città contemporanea. Tuttavia per l’ampiezza delle aree investite e per la complessità delle funzioni ivi previste rappresentano anche altrettanti ambiti nei quali l’intervento non può prescindere da un’azione di progetto da parte dell’Amministrazione e della città che non sia unicamente quantitativo funzionale, ma che riguardi direttamente gli assetti insediativi, le complessità morfologiche, la qualità dei progetti urbani che andranno a realizzare quei contesti. È ciò che abbiamo proposto per l’ambito n.1 (vedi fig. 1a), di trasferimento della città ospedaliera e di riorganizzazione della città di Padova Ovest.

L’ambito comprende una vasta area di oltre 230 ettari, da tempo destinata dal piano urbanistico a 'zona a parco per impianti sportivi ed attrezzature di interesse generale', delimitata a sud dalla ferrovia PD-MI, ad ovest e a nord dalle vie Capitello e Due Palazzi, e ad est dalla zona meridionale del quartiere Sacro Cuore e dalla linea ferroviaria per Castelfranco. Oggetto di un progetto di massima approvato dal Consiglio Comunale nel 1993 e relativo principalmente ad impianti per lo sport ed il tempo libero, l’ambito va oggi completamente ripensato: l’area ricompresa tra Corso Australia, la ferrovia e il quartiere Sacro Cuore potrà essere opportunamente destinata all’insediamento sia del nuovo Complesso Ospedaliero, sia di parte della Facoltà di Medicina ad esso correlata; l’ambito ad ovest di corso Australia dovrà contenere quelle funzioni e quelle attrezzature, alla scala del quartiere ed alla scala urbana, necessarie a connotare quest’ambito come una parte della città.

La planimetria qui sotto esposta mostra una delle soluzioni predisposte nella quale, alla parte centrale dell’area destinata a parco ed attrezzature sportive di scala urbana fanno da corona, a nord un sistema insediativo residenziale a bassa densità impostato su Via Due Palazzi, e a sud un sistema insediativo atto ad ospitare i “prolungamenti” delle funzioni ospedaliere nel campo della ricettività, dell’assistenza e della ricerca universitaria.

fig.2 - Progetto per l'area di Padova Ovest. Il nuovo ospedale, la facoltà di medicina e le attrezzature della ricerca ospedaliera, il parco e le attrezzature del tempo libero, il nuovo quartiere residenziale (Iuav - Lab. di Laurea diretto dal Prof. U. Trame).